La serva padrona, libretto, Napoli, 1733

 INTERMEZZO PRIMO
 
 
 Anticamera.
 
 UBERTO, non intieramente vestito, passeggiando e quindi VESPONE di lui servo che non parla
 
 UBERTO
 
    Aspettare e non venire:
 stare a letto e non dormire:
 ben servire e non gradire:
 son tre cose da morire.
 
5Questa è per me disgrazia!
 Son tre ore che aspetto e la mia serva
 portarmi il cioccolatte non fa grazia;
 ed io d'uscire ho fretta.
 O flemma benedetta! Or sì lo vedo
10che, per esser sì buono con costei,
 la causa son di tutti i mali miei.
 Serpina... (Chiamando dentro) Vien dimani.
 E tu altro che fai? (A Vespone)
 A che qui te ne stai come un balocco? (Vespone cerca scusarsi)
15Come? che dici? Eh sciocco! Corri, rompiti
 presto il collo, sollecita,
 vedi che fu. (Vespone va dentro) Gran fatto! Io m'ho cresciuta
 questa serva piccina,
 le ho fatto di carezze, l'ho tenuta
20come mia figlia fosse; ed ella ha preso
 perciò tanta arroganza,
 fatta è sì superbona,
 che alfin di serva diverrà padrona.
 Ma bisogna risolversi in buonora.
25E quell'altro babbion vi è morto ancora! (Serpina che vien contrastando con Vespone e detto)
 SERPINA
 L'hai finita? Ho bisogno
 che tu mi sgridi?... E pure! Io non sto comoda,
 ti dissi.
 UBERTO
                 (Brava!)
 SERPINA
                                   E torna! Se 'l padrone
 ha fretta, non ne ho io; il sai?
 UBERTO
                                                        (Bravissima!)
 SERPINA
30Di nuovo? Oh tu da senno
 vai stuzzicando la pazienza mia;
 e vuoi che un par di schiaffi alfin ti dia? (E s’avventa contro Vespone, il quale fugge per ripararsi verso Uberto)
 UBERTO
 Olà! dove si sta?
 Olà, Serpina, non ti vuoi fermare?
 SERPINA
35Lasciatemi insegnare
 le creanze a quel birbo.
 UBERTO
 Ma in presenza del padrone...
 SERPINA
                                                        Adunque,
 perché io son serva, ho ad esser sopraffatta,
 ho ad esser maltrattata?
40No signore: voglio esser rispettata,
 voglio esser riverita, come fossi
 padrona, arcipadrona, padronissima.
 UBERTO
 Che diavol ha vossignoria illustrissima?
 Sentiam, che fu.
 SERPINA
                                 Cotesto impertinente... (Vespone cerca rispondere)
 UBERTO
45Queto tu. (A Vespone)
 SERPINA
                      Venne a me... (Vespone come sopra)
 UBERTO
                                                 Queto ti ho detto. (A Vespone)
 SERPINA
 E con modi sì impropri... (Vespone come sopra)
 UBERTO
 Queto queto, che sii tu maledetto. (A Vespone, adirandosi)
 SERPINA
 Ma me la pagherai.   (Minacciando Vespone)
 UBERTO
 Io costui t'inviai...
 SERPINA
                                    Ed a che fare?
 UBERTO
50A che far? Non ti ho chiesto
 il cioccolatte io?
 SERPINA
                                Ben; che per questo?
 UBERTO
 E m'ave ad uscir l'anima aspettando
 che mi si porti?
 SERPINA
                                E quando
 voi prenderlo dovete?
 UBERTO
                                           Adesso; quando?
 SERPINA
55E vi par ora questa? È tempo ormai
 di dover desinare.
 UBERTO
                                    Adunque?
 SERPINA
                                                          Adunque
 io già nol preparai,
 voi di men ne farete,
 padron mio dolce, e ve n'acqueterete.
 UBERTO
60Vespone, ora che ho preso
 il cioccolatte già,
 dimmi: «buon pro vi faccia e sanità». (Vespone ride)
 SERPINA
 Di che ride quell'asino?
 UBERTO
 Di me, che ho più flemma d'una bestia.
65Ma io bestia non sarò,
 più flemma non avrò,
 il giogo scuoterò,
 e quel che non ho fatto alfin farò.
 
    Sempre in contrasti (A Serpina)
70con te si sta!
 E qua e là,
 e giù e su,
 e no e sì.
 Or questo basti,
75finir si può.
 
    Ma che ti pare? (A Vespone)
 Ho io a crepare?
 Signor mio no.
 
    Però dovrai (A Serpina)
80per sempre piangere
 la tua disgrazia;
 e allor dirai
 che ben ti sta.
 
    Che dici tu? (A Vespone)
85Non è così?
 Ma così va!
 
 SERPINA
 In somma delle somme, per attendere
 al vostro bene, io mal ne ho da ricevere.
 UBERTO
 Poveretta! Lo senti? (A Vespone, burlando Serpina)
 SERPINA
90Per aver di voi cura, io sventurata
 debbo esser maltrattata.
 UBERTO
 Ma questo non va bene. (A Vespone come sopra)
 SERPINA
 Burlate sì.
 UBERTO
                      Ma questo non conviene.
 SERPINA
 E pur? qualche rimorso aver dovreste
95di farmi e dirmi ciò che dite e fate.
 UBERTO
 Così è: da dottoressa voi parlate.
 SERPINA
 Voi mi state sui scherzi, ed io m'arrabbio.
 UBERTO
 Non v'arrabbiate, capperi. (A Serpina) Ha raggione:
 tu non sai che ti dir. Va' dentro; prendimi (A Vespone)
100il cappel, la perrucca ed il bastone,
 che voglio uscir. (Vespone entra)
 SERPINA
                                 Mirate!
 Non ne fate una buona; e poi Serpina
 è di poco giudizio.
 UBERTO
                                    Ma lei
 che domine vuol mai da' fatti miei?
 SERPINA
105Non vo' che usciate adesso;
 gli è mezzodì; dove volete andare?
 Andatevi a spogliare.
 UBERTO
                                         Eh va' in malanno,
 che mi faresti...
 SERPINA
                                Oibò, non occorre altro.
 Io vo' così; non uscirete: io l'uscio
110a chiave chiuderò.
 UBERTO
                                    Ma parmi questa
 massima impertinenza.
 SERPINA
                                              Eh sì, suonate.
 UBERTO
 Serpina, il sai che rotta m'hai la testa?
 SERPINA
 
    Stizzoso mio stizzoso,
 voi fate il borioso;
115ma non vi può giovare.
 Bisogna al mio divieto
 star queto e non parlare.
 Serpina vuol così.
 
    Cred'io che m'intendete.
120Da che mi conoscete
 son molti e molti dì.
 
 UBERTO
 Benissimo. Hai tu inteso? Or al suo loco
 ogni cosa porrà vossignoria: (A Vespone, il quale è uscito colla perrucca, eccetera)
 che la padrona mia vuol ch'io non esca.
 SERPINA
125Così va bene. Andate, e non v'incresca. (A Vespone, il quale si ferma)
 Tu ti fermi? tu guardi?
 ti meravigli? Eh... che vuol dir?
 UBERTO
                                                            Sì fermati,
 guardami, meravigliati,
 fammi de' scherni, chiamami asinone,
130dammi anche un mascellone:
 ch'io queto mi starò;
 anzi la man da or ti bacerò. (Va per baciar la mano a Vespone)
 SERPINA
 Che fa... che fate?
 UBERTO
                                   Scostati, malvagia,
 vattene, insolentaccia. In ogni conto
135vo' finirla. Vespone, in questo punto,
 in questo istante, trovami una moglie,
 e sia anche un'arpia; al suo dispetto
 io mi voglio casare.
 Così non dovrò stare
140a questa manigolda più soggetto.
 SERPINA
 Oh qui vi cadde l'asino? Casatevi,
 che fate ben; l'approvo.
 UBERTO
                                             L'approvate? (A Serpina)
 Manco mal, l'approvò. (A Vespone)
 Dunque io mi caserò.
 SERPINA
145E prenderete me.
 UBERTO
 Te?
 SERPINA
           Certo.
 UBERTO
                         Affé?
 SERPINA
                                      Affé.
 UBERTO
 Io non so chi mi tien... Dammi il bastone!
 Tanto ardir?
 SERPINA
                          Oh voi fare e dir potrete:
 che null'altra che me sposar dovrete.
 UBERTO
150Vattene, figlia mia...
 SERPINA
 Voleste dir: «mia sposa?»
 UBERTO
                                                  O stelle, o sorte!
 Or questa è per me morte!
 SERPINA
                                                   O morte, o vita,
 così esser dè, l'ho fisso già in pensiero.
 UBERTO
 Questo è un altro diavolo più nero.
 SERPINA
 
155   Lo conosco a quegli occhietti,
 furbi, ladri, malignetti:
 che, se ben voi dite no,
 pur mi accennano di sì.
 
 UBERTO
 
    Signorina, v'ingannate,
160troppo in alto voi volate:
 gli occhi ed io vi dicon no,
 ed è un sogno questo sì.
 
 SERPINA
 
    Ma perché? non son graziosa?
 non son bella e spiritosa?
165Su mirate leggiadria,
 ve' che brio, che maestà!
 
 UBERTO
 
    (Eh costei mi va tentando:
 quanto val che me la fa?)
 
 SERPINA
 
    (Ei mi par che va calando).
170Via signore...
 
 UBERTO
 
                           Eh vanne via.
 
 SERPINA
 
    Risolvete...
 
 UBERTO
 
                          Eh matta sei.
 
 SERPINA
 
    Son per voi gl'affetti miei,
 e dovrete sposar me.
 
 UBERTO
 
    (O che imbroglio egli è per me!)
 
 Fine del primo intermezzo